19611022 - 22 ottobre

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

La visione dell’Essere Supremo

[1] So che siete abbastanza stanchi di questi incontri pomeridiani che si stanno tenendo ogni giorno ininterrottamente, in quanto non è facile prestare la dovuta attenzione a discussioni che riguardano argomenti spirituali ed ai dettagli delle regole disciplinari. Alcuni di voi dicono di essere venuti a Prashānti Nilayam per trovare pace e quiete, ed invece si trovano sottoposti alla sofferenza di lunghe sedute e discorsi. Lasciatemi dire che i discorsi di questi dotti sono molto importanti. Gli oratori come gli ascoltatori, qui, sono benedetti; questi ultimi addirittura ricevono benedizioni maggiori, poiché molto spesso riescono a praticare le lezioni che gli oratori insegnano, cosa che gli insegnanti stessi non sempre sono in grado di fare. C’era un pandit che viveva in modo molto disciplinato, attenendosi strettamente ad uno schema giornaliero pianificato. Si svegliava all’alba, recitava il Pranava (OM) e poi, dopo le abluzioni, era solito bere una tazza di latte alle sette in punto della mattina. Alcune volte la ragazza che portava il latte arrivava in ritardo; viveva sulla riva opposta del fiume e quindi doveva prendere un traghetto. Il traghetto a volte partiva un po’ prima del previsto, a volte raggiungeva l’altra sponda del fiume un po’ tardi, in tal caso la ragazza arrivava in ritardo per consegnare il latte al pandit che s’infastidiva moltissimo. Un giorno egli perse la pazienza e rimproverò la donna di scombussolare i suoi orari. “Perché dipendi da quell’orribile barca per attraversare il fiume? Non sai che ripetendo il solo nome di Rāma puoi attraversarlo a piedi senza incorrere in alcun pericolo? Rāma ti proteggerà e non ti lascerà annegare.” Il giorno seguente, la ragazza attraversò il fiume a piedi ripetendo il Nome di Rāma. Ebbene sì, la sua fede le diede la forza, ed ella non dovette aspettare il traghetto. Il pandit rimase sbalordito poiché non pensava che la ripetizione del Nome di Rāma potesse compiere un tale miracolo. Il devoto deve ignorare la sua identità ed il senso di separazione, e deve fondersi nel suo ideale; quale individualità possiede un servo? Egli non ne ha neppure una traccia. Il Padrone per lui è Tutto.

[2] Se guardate il sole per pochi secondi e poi posate lo sguardo sulle cose che vi circondano, vedrete che sembrano coperte da una macchia nera che non ve le fa riconoscere. Analogamente, una volta conseguita la visione dell’Essere Supremo che rifulge più di mille di soli, non riuscirete più a riconoscere quella molteplicità detta Creazione. Il mondo è oscuro e limitato, perciò se avrete ottenuto la visione dell’Unità fondamentale, non potrete più percepire o avere a che fare con la molteplicità. Prendete come esempio lo schermo di una sala cinematografica: mentre si proietta il film, voi non vedete lo schermo, ma quando finisce lo spettacolo ciò che resta è solo uno schermo privo di parole, privo di suoni, nomi, forme, colori o fedi. Quello è il Brahman. Una corda può sembrare un serpente nell’oscurità. In questo caso l’intero schermo si era perso nel film. Il Brahman è Satyam, Verità; l’universo è il Brahman. Quello è Essere, Sat, questo è Cit, Consapevolezza. Conoscere ciò ed essere in relazione con entrambi è Ānandam, beatitudine. Una volta mi fu chiesto come si possono accettare queste due asserzioni che sembrano apparentemente antitetiche: “Dio è Verità ed il mondo è irreale” e “Il mondo è saturo di Dio.” La Mia risposta fu questa: i poteri dell’uomo sono limitati al livello della sua esperienza e conoscenza. Egli è solo pinda, una parte, mentre il Signore è Anda, il Tutto, è la Forza che pervade l’intero creato. L’Anda-pinda Lingam rappresenta la relazione del corpo con le sue membra, il rapporto tra Dio e l’uomo contemplati come l’Intero e la Sua parte. Il Sadā Shiva Lingam simboleggia invece il Sé sempre fausto e propizio che trascende tutti gli aspetti e concetti duali, e che è immanente in ogni essere, ovunque. Il tempo non lo distrugge: per questo è definito Sadā, perenne, e Shivam, fausto e benigno.

Lo Jñāna-Lingam rappresenta il raggiungimento di jñāna1, quando anche l’ultima traccia illusoria dell’«io» è cancellata, e con essa se ne va anche l’idea ‘io so’. A quel punto siete il Sé, puro e completo, intero e permanente. Questa condizione è meglio rappresentata dall’Ātma-Lingam.

[3] In ognuno di voi c’è il potere enorme del Sé. Alcuni riescono ad attingervi, mentre altri sanno solo che esiste. Altri ancora non sanno come entrarvi in contatto o addirittura ne ignorano l’esistenza. Attraverso una disciplina spirituale costante, tutto arriverà al momento giusto. Il bimbo, col tempo, diventa un padre, il padre si trasforma in un nonno, il nonno in un bisnonno e così via a turno per generazioni. Il ricercatore può salire un gradino per volta verso la più elevata Beatitudine attenendosi alle istruzioni del guru. Dovreste dire al vostro guru: “Se mi puoi aiutare, fallo, altrimenti non darmi false speranze fuorviandomi; confessa piuttosto la tua immaturità, così mi posso cercare un’altra guida. Non pretendere di essere un maestro quando non sei neanche un bravo studente.” Assillatelo di domande, esaminate la sua condotta quotidiana, chiarite i vostri dubbi e solo allora coltivate fede nel guru che vi siete trovati. Ci sono molti guru che si fanno guidare dai loro studenti e seguaci, i quali li ammoniscono di non proclamare alcune loro opinioni in pubblico. Questi guru agiscono in base ai dettami di uomini di potere o molto ricchi. Un guru vero deve essere come il Sadā Shiva Lingam: saturo di quella Beatitudine che emerge dalla consapevolezza della Divinità.

[4] Finché siete immersi nell’ignoranza, siete inesperti e mancate di conoscenza, non potete assaporare la Beatitudine né raggiungerla. Voi siete ancora legati da una fune a tre fili, di cui quello nero è tamas, quello rosso è rajas e quello bianco è sattva. Negate di essere legati, e la fune cadrà. Perciò dovete regolare la vostra vita in modo tale da non danneggiare la vostra natura interiore, ovvero dovete vivere nella costante contemplazione della vostra affinità con gli altri e con l’universo intero. Fate del bene al vostro prossimo, trattate tutta la natura con gentilezza, parlate sommessamente e con dolcezza, diventate un fanciullo privo d’invidia, odio e cupidigia. Quando il vostro ego oltrepasserà la soglia della vostra famiglia o della vostra comunità, e dolcemente si espanderà oltre, verso gli altri, allora avrete fatto il primo passo per superare la soglia dell’illusione. Chiunque abbia sperimentato quella gioia, da quel momento desidererà quella soltanto; come può il Jīvi2 abbassarsi a qualcosa di inferiore? Come può essere afferrata la Verità, invece, se avete i piedi nella menzogna? Come può un pesce sperimentare il cielo? Come possono il nettare ed il veleno, il giorno e la notte, il male e il bene convivere? Quando Uddhava andò dalle gopī3, scoprì che Krishna si muoveva nei loro cuori senza un minuto di sosta. Poteva vederle scrutare la polvere delle vie per scoprire se ci fossero le orme dei Suoi Piedi, nel qual caso cadevano a terra per adorarle! Rādhā era tra loro la più devota; ai suoi occhi tutte le impronte erano quelle di Krishna, incluse le proprie! In verità, c’è forse qualcuno che non sia Lui? Qualche forma che non gli appartenga? Un nome che non lo ricordi? Uddhava esclamò: “Non ho bisogno di vedere Nārāyana, sono soddisfatto con la visione della gloria dei Suoi devoti!” Per alleviare la sofferenza e la paura che saturano questi tempi, vale la stessa prescrizione: vedete la Forma di Shiva in ogni essere; allora tutto sarà foriero di gioia e pace. Questa è la Verità: il resto è inganno. Yama, il Dio della morte, arriva con l’illusione, ma quando si è visto Shiva, la luce albeggia.

[5] L’egoità è l’illusione. Come potete liberarvene? Avete reso arido e desolato un campo, senza un filo di verde, orgogliosi di avere estirpato tutte le erbacce alla radice, ma quando pioverà quelle erbe germoglieranno di nuovo. L’Amore puro distrugge le radici dell’ego; seminate Amore, proteggetelo, incoraggiatelo e godetene i frutti. Eliminate dal vostro cuore l’invidia, l’odio e la cupidigia poiché essi soffocheranno le pianticelle dell’Amore. Abbiate fede: la fede vi donerà tutto ciò di cui avete bisogno. Come pensate di costruire la vostra fede su un cumulo di sabbia? Più scavate in profondità un terreno sabbioso, maggiore è il rischio che i fianchi dello scavo scivolino giù e sotterrino la vostra fede nel dubbio e nel diniego. Ascoltate il richiamo interiore ed abbiate fiducia che quella chiamata proviene da Mathurā. Anche il Signore accondiscende ad accordarvi l’opportunità di sviluppare la vostra fede. Perché Krishna sollevò il monte Govardhana e lo mantenne alzato? Fu per annunciare la Sua Verità e la Sua Natura, per instillare fede ed infondere coraggio. Quello fu solo un segno, come è un segno ogni Mio atto. Non esiste opera che Io non possa realizzare, ricordatelo, e non c’è peso che non possa sollevare. Voi avete fede in Rāma e Krishna per via dei testi che descrivono parte delle loro imprese e grazie a certi devoti che hanno tentato di scavare nel loro Mistero. Non avete mai domandato a Rāma o a Krishna, però, prove dirette della loro Divinità, non è vero? Prima di tutto abbiate fede, dopo di che otterrete prove a sufficienza. Incominciate la disciplina della ripetizione del Nome. Perché trascinare avanti la propria esistenza come un banale consumatore di cibo, come un fardello ambulante che grava la terra? Mangiate pure, ma trasformate quel cibo in buone azioni, buoni pensieri e dolci parole; agite, ma non causate dolore al vostro prossimo e non aggravate la sua infelicità. Non condannatevi come deboli, peccatori, ribelli, malvagi, meschini, ecc. Quando fate così, ricordate che in realtà state condannando Me, il vostro Sé interiore. Vivete in modo tale che ogni respiro ed ogni passo vi conducano sempre più vicino a Me.

Prashānti Nilayam, 22.10.1961

1)

1) da DISCORSI 1961 1962 (Sathya Sai Speaks-Vol.II) ed.Mother Sai Publications